Formazione e lavoro: i nostri dati
L’ultima rilevazione indica che più dell’80% di chi ha frequentato un corso oggi lavora.
Fin dalle prime edizioni i corsi di Kleis Formazione hanno prodotto un’ottima ricaduta occupazionale. Viste le difficoltà del periodo pandemico però non ci aspettavamo che questi dati potessero addirittura migliorare. È quanto emerge dalla rilevazione annuale ripetuta a luglio 2021. Al sondaggio ha risposto il 24% del totale del campione, ovvero di chi nel 2020 aveva concluso un percorso formativo tra i seguenti: Segreteria Amministrativa, Contabilità e Bilancio, Accompagnatore Turistico, Receptionist, Agente Immobiliare e Addetto all’Assistenza di Base. Un breve riassunto in videoI risultati del sondaggio
Come illustrato nel seguente grafico, all’inizio dei corsi le persone occupate (a tempo parziale o pieno) erano il 46,2%, e altrettanti erano i disoccupati.

Oggi le persone occupate (a tempo parziale o pieno) solo l’80,7%. Gli occupati totali sono quindi quasi raddoppiati a seguito del percorso formativo svolto. Di questi il 69,2% lavora a tempo pieno e solo l’11,2% (per scelta o per necessità) lavora a tempo parziale.


I settore con più ricaduta occupazionale
Queste percentuali non sono analoghe tra i partecipanti ai diversi corsi. Come c’era da aspettarsi per gli Accompagnatori Turistici le opportunità nel 2020 sono state ben poche, e tuttavia qualcuno è riuscito ad avviare una prima collaborazione. Sempre nel settore turistico si rilevano però le assunzioni a tempo pieno di molti frequentanti del corso per Receptionist, in linea con quanto avviene per tutti i corsi orientati a ruoli amministrativi (Segreteria Amministrativa e Contabilità e Bilancio).Il corso di Contabilità si conferma essere uno dei percorsi con la più alta ricaduta occupazionale.
Spesso nella fase di orientamento le persone temono di non potersi occupare di contabilità, se non hanno avuto un percorso scolastico apposito. La nostra esperienza, e quella dei nostri corsisti, dice il contrario. Con un’ottima preparazione e con tanto impegno questo settore offre molte opportunità, specialmente alle donne.
Per finire, il corso di Addetto all’assistenza di base vede il 100% di persone occupate, tra quelle che hanno risposto al sondaggio. Anche in questo caso la crisi pandemica ha provocato una crescita immediata della richiesta di queste figure, che già trovavano una buona percentuale di inserimento.
“Tanto lavorano solo gli OSS”?
Spesso le persone sono indecise tra l’intraprendere il corso per ADB (Addetto all’Assistenza di Base) o tentare direttamente il corso OSS con l’esame presso la ASL.Questi numeri sono l’indicazione più evidente su come sia meglio procedere. Con la qualifica di ADB, specialmente in questa fase, è possibile lavorare subito, per poi eventualmente prendere anche la qualifica di OSS con il corso di integrazione.
Numeri che danno forza
Nei nostri percorsi di orientamento non parliamo mai di percentuali di assunzione, perché riteniamo che la formazione sia fatta più di storie individuali che di grandi numeri. Nella buona riuscita di un corso ci sono infatti tanti ingredienti che dipendono dal frequentante stesso, dal suo impegno, dalla passione e dalla determinazione. Vista la situazione complessiva però questi numeri ci rendono particolarmente orgogliosi, perché dimostrano che, anche nei periodi più difficili, lavorando con impegno e investendo nelle proprie qualità si possono ottenere risultati importanti.I racconti di chi ha frequentato le prime edizioni dei corsi di contabilità e di segreteria amministrativa
Il recente report di Linkedin sui lavori emergenti in Italia (Jobs on the Rise 2021 Italia) ha individuato 15 categorie lavorative che nonostante la crisi stanno mantenendo alta la domanda di personale. In queste categorie troviamo chiaramente il settore socio-sanitario e diverse professioni legate al lavoro digitale e all’e-commerce. Accanto a queste troviamo però anche una richiesta costante di personale nel settore della consulenza finanziaria e contabile, dove le attività si sono moltiplicate proprio per le tante pratiche eccezionali che le aziende hanno dovuto attivare per far fronte all’emergenza. Anche le attività di supporto alla clientela e di sviluppo aziendale (pensiamo solo al repentino passaggio allo smart working) fanno da traino nel mercato del lavoro.Questi ambiti necessitano di personale di supporto preparato. Nella nostra esperienza di formazione raccogliamo le esperienze di molti partecipanti ai corsi di contabilità e di segreteria amministrativa, che confermano i dati della ricerca.
Eccone alcune:
Azzurra ha partecipato alla prima edizione del Corso di Contabilità, e già durante il corso ha trovato un nuovo lavoro che prosegue con successo.
Chiara ha appena finito il Corso di Contabilità e prosegue la collaborazione con lo studio commerciale dove ha svolto lo stage, con un tirocinio retribuito di sei mesi.
Teresa è stata assunta al termine del Corso di Segreteria Amministrativa:
Matteo ha fatto un’esperienza di stage in uno studio di commercialisti e poi ha avuto un’esperienza lavorativa in un’associazione di categoria:
Corsi correlati
Il settore amministrativo non rallenta, ma si evolve
La crisi economica non colpisce in modo indiscriminato ogni settore. L’attività degli studi commerciali e più in generale l’attività amministrativo-contabile non subisce rallentamenti, è uno dei settori (insieme al settore socio-sanitario, quello alimentare e a tutti i servizi digitali) che continua ad offrire maggiori opportunità lavorative. Cambia però l’approccio al lavoro, vediamo come.Impariamo a lavorare “smart”
Il nuovo Ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, in un’intervista rilasciata a RCS Academy, ha parlato di “trampolino del dolore”, in riferimento alla possibilità di mettere a frutto le poche cose positive che questa situazione di distanziamento ha fatto emergere. Una su tutte è il ricorso massiccio allo smart working. Secondo un’analisi di Bankitalia nel 2020 il ricorso al “lavoro agile” è più che decuplicato, anche e soprattutto nella PA, storicamente lenta in ogni processo di digitalizzazione.I lavoratori “smart” ottengono risultati analoghi se non migliori di quelli in ufficio, la qualità della vita migliora, la sostenibilità ambientale migliora e l’inclusione altrettanto.
Certo, il lavoro agile porta con sé nuovi pericoli, su tutti l’iperconnessione (il rischio di essere connessi e in qualche modo “dosponibili” in qualsiasi orario) e l’isolamento sociale, ma sono pericoli rispetto ai quali potremo adottare nuove difese e migliori abitudini.
Telelavoro VS Smart Working
Lo chiamiamo “smart working” e non telelavoro. Non si tratta solo di una differenza lessicale, ma di un diverso approccio al lavoro. Riprendendo una riflessione di Francesca Maniscalco possiamo parlare di “cambiamento di paradigma”.Il telelavoro consiste perlopiù nello spostamento della sede di lavoro. È una forma contrattuale, è regolamentato da una sua propria normativa e non prevede grandi cambiamenti nell’organizzazione generale dell’azienda.
Lo smart working, invece, è una modalità organizzativa del lavoro che permette di attivare nuove forme di flessibilità e autonomia sia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti per lo svolgimento ottimale della propria attività lavorativa; sia nel metodo con cui si intende raggiungere l’obiettivo organizzativo.
È un vero e proprio salto di paradigma: dal modello organizzativo tradizionale si passa ai più moderni e meno diffusi modelli adhocratici (dal latino ad hoc: appropriato, adatto allo scopo).
Autonomia, flessibilità, responsabilizzazione, valorizzazione dei talenti e fiducia diventano i principi chiave di questo nuovo approccio. Lavorare con modalità “Agile” significa, pertanto, pensare e agire per obiettivi, sapendo pianificare e programmare le proprie giornate in modo da garantire i risultati attesi anche in assenza di controllo.
Il grande “esperimento sociale” forzato dalla pandemia produce in molte organizzazioni un radicale cambiamento nella cultura organizzativa, ed è facile immaginare che questa evoluzione costituirà una sorta di “anticorpi” organizzativi per far fronte a qualsiasi tipo di futura crisi o minaccia organizzativa.
In sostanza lo smart working ci insegna a lavorare per obiettivi, che sia in ufficio o in casa.
Se questo tipo di transizione è difficile per chi ha consolidato certe abitudini professionali, ancora di più lo è per chi deve affacciarsi a un nuovo lavoro.CONTABILITà E SMART WORKING
La crisi per il momento non rallenta le attività amministrative e contabili, che anzi vedono moltiplicare le pratiche a le urgenze. Ma chi si approccia oggi a questo tipo di mansioni dovrà mostrare, oltre alle competenze specifiche del settore, una più generale attitudine al lavoro “smart”: autonomia, gestione delle informazioni, competenze informatiche, capacità communicative etc…Qualsiasi percorso formativo dovrà quindi fare i conti con queste competenze trasversali, che se prima costituivano elementi di vantaggio del lavoratore, è probabile che diventeranno condizioni indispensabili per lavorare.
Il nuovo agente di affari in mediazione immobiliare: 130 ore di formazione obbligatoria
Il 9 aprile 2020, con il decreto 5221, la Regione Toscana ha revocato l’accreditamento dei corsi per agente immobiliare, dando contestualmente le indicazioni sul nuovo profilo professionale inserito nel registro regionale. Quindi, come diventare agente immobiliare?Il “nuovo” agente immobiliare prevede una preparazione più ampia nell’ambito normativo, mentre agli aspetti tecnici vengono dedicate meno ore. Nel complesso il percorso formativo obbligatorio passa da 100 a 130 ore.
A parte la lunghezza del corso, la procedura per diventare agente immobiliare non cambia.
Vediamola nel dettaglio:
Chi è l’agente immobiliare?
L’agente d’affari in mediazione del settore immobiliare (o agente immobiliare) è un professionista che, in proprio o per conto di un’agenzia, svolge un servizio di facilitazione e di assistenza nella stipulazione di contratti di compravendita o di locazione di immobili.
L’agente immobiliare è iscritto al Registro delle imprese presso le Camere di commercio (Cciaa) con il Codice Ateco (classificazione delle ATtività ECOnomiche) 68.31.
Come si diventa agente immobiliare?
In Italia l’attività di mediazione è disciplinata da una serie di interventi normativi che si sono susseguiti a partire dalla legge 39 del 1989 fino ad oggi. Il quadro normativo stabilisce una serie di requisiti personali, morali e professionali, necessari per l’accesso alla professione.I requisiti morali
Sotto il profilo morale si richiedono i consueti requisiti di tutela di ogni professione: non essere interdetto per condanne penali, delitti contro la PA o normativa antimafia.I requisiti personali
Sotto il profilo personale è necessario essere cittadini italiani o europei, godere dei diritti civili ed essere residenti nella provincia presso la quale si richiede l’iscrizione alla Camera di Commercio.I requisiti professionali
È necessario innanzitutto avere conseguito un diploma di scuola secondaria superiore di secondo grado. È obbligatorio aver frequentato il corso di formazione per agente immobiliare riconosciuto dalla Regione di competenza. Questo corso, dal 2020, ha una durata complessiva di 130 ore, con un obbligo di frequenza del 70%. Si deve infine superare l’esame di abilitazione presso la Camera di Commercio. Le sessioni d’esame si tengono generalmente due volte ogni anno, e consistono in una prova scritta e una orale.L’esame
La prova scritta, nelle più recenti edizioni, è costituita da 30 domande a risposta chiusa sui temi generale della mediazione, e 10 domande a risposta chiusa sullo specifico settore immobiliare. È necessario rispondere positivamente almeno a 28 domande su 40 nel complesso. Nella prova orale viene estratta una domanda tra quelle del settore immobiliare inserite in una banca dati. Per quanto la prova d’esame sia di fatto breve, la stessa si rivela complicata, per la specificità delle materie coinvolte.La multidisciplinarità
Il corso e poi l’esame per agenti immobiliari prevede una preparazione su una grande varietà di materie: normativa di settore, urbanistica, estimo, comunicazione, aspetti fiscali, finanziari etc… Di fatto l’agente immobiliare “si muove” tra le competenze di molte altre altre figure professionali, alle quali certamente dovrà rivolgersi nello svolgimento della propria professione, ma rispetto alle quali deve anche dimostrare una consapevolezza operativa.La pratica professionale
Come sempre una cosa è l’iter necessario per ottenere un titolo e un’abilitazione, l’altra è imparare nella pratica un mestiere. Le due cose sono strettamente collegate, ma non coincidenti. Il percorso di abilitazione infatti non prende in gran considerazione l’evoluzione degli strumenti e delle pratiche di settore. Il settore e la figura dell’agente immobiliare non sono certamente gli stessi di 10 anni fa. La digitalizzazione ha avuto un grosso impatto. Per questo, accanto alla necessaria preparazione tecnica e normativa, chi volesse intraprendere questo percorso professionale dovrà tenere presenti altri aspetti importanti come il web marketing, il CRM, l’organizzazione e il mantenimento di database ordinati e molto altro.La compatibilità
L’attività di agente immobiliare è incompatibile con incarichi pubblici o con il lavoro dipendente a tempo pieno. Per quanto riguarda le altre professioni, spesso “confinanti” con quella dell’agente immobiliare, non esiste incompatibilità nei titoli, purché non si svolga la pratica contestualmente.Corsi correlati
Un’opportunità di lavoro in un settore in crescita
Chiunque abbia mai abitato in un condominio, pensando all’amministratore, ricorderà qualche terribile riunione condominiale. La casa è il luogo dell’intimità, e ognuno vuole viverla in modo diverso. Per questo spesso le riunioni di condominio si trasformano in interminabili trattative e scontri. Tanto più nei tempi che corrono, dove chiunque può andare su internet e sentirsi esperto di qualsiasi cosa con due click.L’amministratore si trova a gestire questi piccoli inferni e deve mettere in campo tutte le armi del mestiere: competenze tecniche specifiche, metodo, pazienza e capacità di mediazione.
È un mestiere difficile e multidisciplinare, ma le opportunità per operare con successo ci sono. Prima della riforma si stimava che in Italia ci fossero più di 900.000 condomini, la gran parte dei quali amministrati da condomini, quindi da amministratori “non professionisti”. Nel 2012 gli amministratori di condominio di professione erano soltanto 25.000. Pochi anni dopo, nel 2014, secondo Confersercenti gli amministratori di condominio abilitati erano saliti a 60.000. Questo per l’effetto della Legge n. 220 del 2012 è intervenuta indicando obblighi precisi. L’amministratore di condominio deve:
- godere dei diritti civili;
- non essere stato condannato per delitti contro la pubblica amministrazione;
- non essere stato sottoposto a misure di prevenzione divenute definitive;
- non essere interdetto o inabilitato;
- non risultare annotato nell’elenco dei protesti cambiari;
- aver conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado;
- aver frequentato un corso di formazione iniziale e svolgere attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale.
Nessuna professione è semplice e inserirsi nel mercato è sempre faticoso, ma con il corso di abilitazione in tre mesi è possibile ottenere l’attestato e avviare l’attività.
Klesi Formazione offre questa opportunità con il corso in partenza nel mese di novembre, visita la pagina per ulteriori informazioni.